LA ROTTA DI ULISSE

 


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Gelo nel cuore – Annamaria Franzoni

Annamaria Franzoni nasce a San Benedetto Val di Sambro, Bologna, il 23 agosto 1971, secondo alcune fonti non accreditate alle 10. È la terzogenita di Giorgio Franzoni e Chiara Magliozzi, una coppia molto unita e dai solidi principi e valori morali – casa, chiesa, famiglia, lavoro – che avrà ben undici figli. Annamaria, la terzogenita dopo i fratelli Emanuele e Andrea, cresce in un ambiente sereno e allegro, anche se le regole di casa Franzoni sono abbastanza rigide: ai ragazzi viene insegnato, tra le altre cose, che stare in ozio è proibito, bisogna sempre essere impegnati a fare qualcosa di utile e aiutare gli altri. Il benessere economico è però garantito. Papà Giorgio, il “patriarca”, ha costruito negli anni una solida fortuna, con il cantiere edile e due complessi di agriturismo. Annamaria, prima delle femmine e in quanto tale “vice-mamma”, si occupa con molta sollecitudine dei fratelli e delle sorelle minori. Dopo il diploma di ragioneria, nell’agosto 1991 va a lavorare come cameriera in un albergo della Valle d’Aosta, a Lillaz. Lì conosce un giovane bolognese, Stefano Lorenzi, appassionato di montagna, che sta trascorrendo le vacanze con i genitori, Mario Lorenzi e Alida Possenti. Colpo di fulmine tra i due ragazzi, seguito da regolare fidanzamento e nozze il 13 giugno 1993. All’epoca del matrimonio Stefano Lorenzi, che fa l’elettricista, vive già in Valle d’Aosta e Annamaria pare felice di iniziare la sua nuova vita di donna sposata nell’incanto di quelle montagne, di quei boschi, di quel cielo, che tanto piacciono a suo marito. A Montroz, frazione di Cogne, di fronte allo stupendo scenario del Gran Paradiso, gli sposini costruiranno il loro nido d’amore: uno chalet dotato di tutti i comfort, dove c’è anche un appartamentino per ospitare i genitori di lei e di lui. Nascono due maschietti, Davide, il 9 settembre 1995 e Samuele, il 12 novembre 1998. Annamaria sembra avere trovato un perfetto equilibrio nel ruolo di moglie e mamma. La casa è sempre immacolata, non un oggetto fuori posto, nel forno cuociono spesso torte e biscotti per Davide, Samuele e i loro amichetti.
È il 30 gennaio 2002, fuori la temperatura è molto rigida. Alle 5.30 della mattina Annamaria sveglia il marito dicendo di non sentirsi bene: accusa formicolio alle gambe, mal di stomaco, nausea, debolezza. Stefano chiama la guardia medica. Verso le 6 arriva la dottoressa Stefania Neri, che dopo aver visitato Annamaria diagnostica una banale influenza in arrivo e non le prescive nessun farmaco. Verso le 7 la coppia fa colazione, e alle 7.30 Stefano lascia lo chalet e sale in macchina per andare al lavoro ad Aosta. Annamaria rimane sola con i bambini.
Nel corso degli interrogatori cui verrà sottoposta dopo la morte di Samuele, la Franzoni dichiarerà che i fatti si sono svolti nel seguente modo. Intorno alle 8 e 16 lei esce di casa con il figlio maggiore Davide, sei anni, e lo accompagna alla fermata dello scuolabus, distante 330 metri da casa. Prima però, porta il figlio minore, Samuele, di tre, che quella mattina si è svegliato facendo i capriccetti, nella camera da letto sua e del marito, lo sistema nel lettone matrimoniale, ben coperto da una soffice trapunta, e gli dà come “ciucciotto” un fazzoletto, poi accende la tivù in modo che Sammy non si accorga della breve assenza della mamma, alla quale è legatissimo. Davide sale sullo scuolabus che riparte subito, Annamaria rientra in casa – sono passati solo otto minuti da quando l’ha lasciata – e per prima cosa va in camera da letto per vedere Samuele. «Arrivo in camera da letto, la camera è semibuia… Non faccio caso a tutto ciò che ho intorno, ma il mio sguardo e la mia attenzione vanno al letto per vedere Samuele. Il piumone copre completamente il letto. Penso che si sia nascosto per farmi lo scherzo del "cucù", ma nello stesso momento sento un respiro strano, prendo il piumone che o copre dall'angolo della mia parte, e con un gesto lo alzo buttandolo sul letto. Un sussulto. Urlo "Samuele"… un tonfo al cuore, tutto si ferma e il respiro manca… lui è lì fermo, solo un rantolo del respiro, gli occhi socchiusi, il viso pallido, tanto sangue intorno a lui. Una grossa e profonda ferita in mezzo alla fronte fino all'occhio, dove esce della materia cerebrale… Vedo il sangue, tanto, intorno alla testa e sul cuscino, penso che forse mi ha chiamato talmente forte che insistendo gli è scoppiata la testa. Una volta, piangendo molto forte, gli si era rotto un capillare in un occhio, e il pediatra mi aveva detto che era stato per la forte pressione del pianto» (Annamaria Franzoni con Gennaro De Stefano, La verità, Piemme 2006). Annamaria, sconvolta, compone il numero di Ada Satragni, medico psichiatra sua vicina di casa, le grida di precipitarsi perché Samuele sta perdendo tanto sangue dalla bocca, e subito dopo chiama il 118. All’operatrice, Nives Calipari, urla che devono venire presto, che suo figlio di tre anni ha vomitato sangue, non respira. Annamaria chiama poi la ditta dove lavora Stefano, la segretaria riceve il drammatico messaggio: “Samuele è morto”.
L’elicottero dei soccorsi arriva alle 8.51. I soccorritori si rendono conto che la situazione è gravissima. Samuele ha ricevuto nel frattempo le prime cure della dottoressa Satragni. Attorno alle 9 arriva papà Stefano. Samuele viene sistemato sulla barella, alle 9.19 l’elicottero decolla diretto all’ospedale di Aosta dove il piccolo giungerà cadavere. Quel pomeriggio le agenzie di stampa battono la notizia: un bambino di anni tre, Samuele Lorenzi, è morto in seguito a ferite alla testa, che potrebbero essere state provocate da un’arma contundente oppure (ipotesi che però cadrà rapidamente) dai morsi di un animale. Scattano le indagini coordinate dal sostituto procuratore presso il Tribunale di Aosta Stefania Cugge, agli ordini del procuratore capo Maria Del Savio Bonaudo. Le consulenze criminalistiche sono affidate al RIS di Parma, e dirette dal tenente colonnello Luciano Garofano.
L’autopsia stabilirà che Samuele è stato colpito almeno una dozzina di volte con enorme violenza: sul cranio spappolato si contano 17 ferite. L’arma del delitto però non si trova, nonostante le ricerche dentro e fuori lo chalet. I sospetti degli inquirenti si concentrano ben presto sulla madre di Samuele, Annamaria. I Lorenzi, con il figlio Davide, lasciano la loro casa, che diventerà teatro di minuziosissimi esami, misurazioni, analisi con il Luminol e si rifugiano nel résidence “Le Cascate di Lillaz” di proprietà di un’amica di famiglia. Poi a febbraio si trasferiscono a Monte Acuto Vallese, dove vive la famiglia di Annamaria.
Attorno a lei si stringe, compatto, il clan dei Franzoni, e l’intero paese, che ha conosciuto Annamaria bambina. Anche i genitori di Stefano, che vivono a Bologna, giurano sull’innocenza della nuora. È iniziato nel frattempo quello che verrà definito il “circo mediatico di Cogne”, con riferimento all’assalto dei media e all’interesse morboso per la presunta responsabile dell’omicidio di Samuele. La macchina della giustizia è al lavoro, Annamaria affida la sua difesa dall’avvocato Carlo Federico Grosso. Nella notte del 14 marzo 2002 i carabinieri, su ordine del Gip Fabrizio Gandini, arrestano la Franzoni che viene trasferita nella sezione femminile del carcere delle Vallette di Torino. Il reato contestato è quello di omicidio volontario aggravato. I motivi principali dell’ordinanza? Per l’accusa, i colpi mortali che hanno ucciso Sammy sono stati inflitti nei quattro-cinque minuti prima che l’indagata uscisse di casa, non dopo, come sostiene la difesa, e inoltre il pigiama e gli zoccoli di Annamaria, macchiati del sangue di Samuele, sempre secondo l'accusa sono stati indossati dall’assassino nel momento in cui sferrava i colpi mortali, per cui ad ammazzare il bambino può essere stata solo la madre.
Ma il 30 marzo i giudici del Tribunale del riesame di Torino accolgono le motivazioni della difesa – sei ore di accorata arringa dell’avvocato Grosso – e annullano l’ordinanza. La Franzoni torna in libertà, dopo due settimane trascorse tra le sbarre, e alla vigilia di Pasqua può riabbracciare i suoi cari. Il rientro a Monte Acuto Vallese viene ripreso da tutte le televisioni, Annamaria è ormai un’icona mediatica, Cogne è l’argomento del giorno, l’Italia è divisa, come sempre succede in questi casi, tra colpevolisti e innocentisti.
Il 26 aprile 2002, prima seduta della perizia psichiatrica della Franzoni, richiesta dal Gip Gandini. Il 10 giugno la Cassazione annulla la sentenza del riesame del Tribunale di Torino, il 23 i Franzoni-Lorenzi nominano il secondo difensore di Annnamaria, l’avvocato Carlo Taormina, ex sottosegretario alla Giustizia, e Grosso si dimette. Il 15 luglio i periti del Gip depositano la perizia psichiatrica sulla mamma di Cogne, concludendo che al momento del fatto – la presunta uccisione del figlioletto – aveva piene capacità di intendere e di volere, in altre parole era sana di mente. Il giorno dopo, al Maurizio Costanzo Show, Annamaria ufficializza la notizia che da tempo sta circolando: sì, è incinta del terzo figlio. Gioele Lorenzi nascerà a Bologna, in una clinica privata, il 27 gennaio 2003.
Il 19 luglio 2004, udienza davanti al Gup di Aosta Eugenio Gramola. La difesa della Franzoni richiede il rito abbreviato, l’imputata viene condannata a 30 anni di carcere. Il 30 luglio l’avvocato Taormina presenta un esposto-querela, a firma di Annamaria Franzoni e Stefano Lorenzi, in cui si chiede di accertare la posizione di Ulisse Guichardaz, cognato di Daniela Ferrod, vicina dei Lorenzi, sulla quale la Franzoni e il marito avevano fatto ricadere in precedenza dei sospetti, come pure nei riguardi dei coniugi Carlo e Graziana Perratone, che la vigilia dell’uccisione di Samuele avevano trascorso una serata dai Lorenzi.
Ulisse Guichardaz, guardiaparco, viene indicato come il “vero assassino” nel dossier investigativo dei Lorenzi. Ma il 1 novembre 2004 la Procura di Torino iscrive nel registro degli indagati per calunnia e frode processuale Annamaria Franzoni, Stefano Lorenzi e Carlo Taormina, procedimento soprannominato “Cogne-bis”. È appurato infatti che, con l’aiuto di investigatori privati, il clan dei Franzoni abbia costruito prove false. Continuano, nel frattempo, perizie e controperizie, l’avvocato Taormina si dichiara sempre più convinto dell’innocenza della sua assistita. I Lorenzi vivono ora a Ripoli Santa Cristina, piccolo paese dell’Appennino tosco-emiliano, circondati, come a Monte Acuto Vallese, dall’affetto e dalla solidarietà degli abitanti, parroco in testa.
Il 16 novembre 2005 inizia a Torino il processo d’appello per il delitto di Cogne. Le prime persone che vogliono assistere al processo arrivano sul posto già alle cinque della mattina, verso le nove c’è una folla di gente eccitata che sgomita cercando di conquistarsi uno spazio vicino all’entrata, oltre al solito nutrito numero di cameraman e giornalisti accreditati. Annamaria entra in Tribunale da una porta secondaria, mentre il suo “seguito”, una trentina di persone tra familiari e amici, si farà largo tra i flash dei fotografi, verso l’ingresso principale. Il 12 dicembre ha luogo la quarta udienza, molto importante, perché è quella in cui la Corte conferirà formalmente a quattro esperti l’incarico di esaminare l’imputata. Che, però, non si presenta. L’avvocato Taormina tuona in aula che la sua assistita non si sottoporrà a una nuova perizia psichiatrica. Perizia richiesta dalla Corte che ha fatto proprie le perplessità manifestate dallo psichiatra Ugo Fornari, uno dei tre consulenti del Pm all’epoca della prima perizia – che aveva dichiarato la Franzoni perfettamente in grado di intendere e volere – e consulente dell’Accusa nel processo. Per il professor Fornari il comportamento di Annamaria Franzoni, nel corso di tutta la vicenda, combacia con la diagnosi di comportamento borderline. “La signora Franzoni era depressa già nei mesi precedenti, e non aveva una depressione leggera... quando si proclama innocente probabilmente è in buona fede. Ha scisso quello che è accaduto e lo ha buttato via. Il ‘funzionamento borderline’ può mascherarsi sotto le vesti della normalità. Tra l’altro non era nuova a crisi come quella che ha avuto la mattina del delitto, con formicolii, svenimenti e dolori agli arti… Le sue erano crisi di angoscia che negli anni è riuscita a controllare costruendosi intorno dei contenitori fortissimi: prima la sua famiglia di origine, con un padre dal carattere forte, poi con un marito che la protegge...”
Il 19 dicembre del 2005, nel corso dell’ interrogatorio o, meglio, delle “dichiarazioni spontanee” rese alla Corte, visto che si tratta dell’Appello di un rito abbreviato, Annamaria Franzoni ribadisce la sua innocenza, parla di Samuele come di un bambino bellissimo, dolcissimo, affettuosissimo, respingendo sdegnata, per l’ennesima volta, quello che è uno dei possibili moventi del delitto indicati dai colpevolisti: che lei, cioè, avrebbe ucciso Samuele perché non lo riteneva un bambino del tutto normale, perché aveva la testa grossa che le sembrava sempre troppo calda...
Il 27 febbraio 2007, nuovo colpo di scena: l’avvocato Taormina abbandona la difesa della Franzoni, dovuta a contrasti nati sulle questioni tecnico-legali legati al processo di Cogne tra lui e i coniugi Lorenzi-Franzoni. La difesa di Annamaria viene assunta dall’avvocato Paola Savio. Il 27 aprile 2007 la storia infinita si concluderà con la sentenza di secondo grado del Tribunale d'appello di Torino. Sì, Annamaria ha ucciso il figlioletto, ma per questo delitto le vengono riconosciute le attenuanti. Per i giudici siamo di fronte a una madre che quella lontana mattina del 30 gennaio 2002 ha perso la testa e ha colpito, in preda a un raptus. La pena inflitta: 16 anni di reclusione.

giuliana.giani@fastwebnet.it


 

Solo una piena confessione del colpevole, indizi schiaccianti o prove scientifiche rilevate correttamente possono inchiodare il sospettato di un reato alle proprie responsabilità penali. Il profilo psicologico di un imputato – se eseguito con tutti i crismi – può indicare se quella persona può avere commesso quel crimine, ma non ne fornisce prova certa e inconfutabile. Lo stesso dicasi per l’analisi astrologica, che può delineare il profilo dell’analizzato e individuare quali transiti planetari stava vivendo, ossia che cosa poteva fare o non fare in quel periodo. Ma nemmeno l’astrologia, per quanto ben impiegata, può stabilire con certezza se il tale ha commesso un delitto oppure no.
Il processo per il delitto di Cogne è indiziario, in particolar modo per il fatto che la scena del crimine è stata inquinata dal passaggio di troppe persone che non hanno pensato a preservare l’ambiente dalla cancellazione di eventuali prove. Inoltre non è mai stata ritrovata l’arma del delitto e le ipotesi su quale oggetto possa aver ucciso Samuele sono varie.
L’imputata Annamaria Franzoni è stata perciò indagata e sottoposta a più gradi di giudizio soprattutto per due motivi: primo, il delitto è avvenuto nell’arco di pochi minuti e forse un estraneo alla casa non avrebbe potuto dileguarsi senza che lei lo scorgesse. Secondo, forse più condizionante del primo: il carattere stesso dell’imputata. Al di là delle prove o degli indizi, l’Italia intera si è infatti chiesta in questi ultimi anni come una madre che ha scoperto un figlioletto orrendamente massacrato, abbia potuto reagire in modo così apparentemente freddo e distaccato.
Che cosa dice l’astrologia in proposito?
Se l'ora che circola ufficiosamente è corretta, Annamaria è Leone ascendente Bilancia, ossia – detto in estrema sintesi – ha un carattere orgoglioso ma attento alla forma e controllato rispetto a certi atteggiamenti a volte eccessivi e arroganti del Leone. Un mix di egocentrismo e buone maniere che potrebbe produrre anche un buon carattere se il Sole di Annamaria non ricevesse pesanti aspetti planetari. Il suo Sole è infatti in undicesima casa, quella della ricerca dell’equilibrio, congiunto a Venere e Mercurio (aspetto che farebbe pensare a un bonario, non pericoloso narcisismo) ma pericolosamente quadrato a Giove e Nettuno in seconda casa. La personalità conscia della Franzoni non è soddisfatta di sé, anzi sotto sotto lei si sente sfortunata, ed è inoltre in qualche modo incapace di cambiare, con una tensione estremamente forte che potrebbe sfociare in qualche forma di nevrosi. Ma alzi la mano chi, al giorno d’oggi, è immune dalle nevrosi. Inoltre è ben presente nel soggetto esaminato la difficoltà a staccarsi dal territorio natale, anche se ci sarebbe la voglia di farlo.
Il Sole nell’oroscopo di una donna rappresenta anche il padre, oltre al marito o eventuale compagno. Il padre di Annamaria, a giudicare dal tema natale della figlia, sembrerebbe un personaggio egocentrico e vanitoso, forse poco equilibrato, e con il quale non c’era un rapporto sereno. Un ritratto all’apparenza opposto rispetto a quello che riportano le cronache. Lo stesso avvocato della figlia, Paola Savio, durante l’arringa difensiva del processo di appello, ha però definito Giorgio Franzoni più o meno un megalomane. Se i racconti riportati da certa stampa sono veritieri, il padre di Annamaria voleva programmaticamente dodici figli. Dodici come gli apostoli di Gesù. Fu costretto però a fermarsi “solo” a undici perché la moglie, alla dodicesima gravidanza, non portata a termine, rischiò di morire. Se non è megalomania questa…
Il quadrato tra Sole e Nettuno presente nel tema natale di Annamaria dà a volte improvvisi scollamenti dalla realtà, momenti di blackout in cui ci si può allontanare dal mondo reale per precipitare, anche per momenti brevi, nell’incubo. In seguito magari poi ci si riprende, ricordando poco o nulla di quella sensazione angosciosa che ha oscurato la mente, oppure facendo fatica a inquadrare in un contesto logico i propri problemi.
La Luna, pianeta che regola la serenità emotiva, nel tema della Franzoni è in Vergine, in dodicesima casa, congiunta a Plutone, e non riceve aspetti negativi. È una combinazione planetaria che consente di conservare qualsiasi segreto, anche in virtù di una fortissima capacità di controllo.
Per una donna poi, il luminare rappresenta anche il rapporto con la maternità. Ma la Luna in Vergine dà di solito un istinto materno assai scarso. È inoltre probabile che il rapporto di Annamaria con la genitrice sia stato improntato a tutto tranne che all’affettività: come poteva infatti la madre di undici figli dispensare loro coccole, carezze e attenzioni? Troppe erano di certo le incombenze materiali e domestiche che gravavano su di lei.
Il rapporto con la famiglia d’origine di Annamaria non appare inoltre dei più affettuosi: la quarta casa – quella che indica come è stata la nostra infanzia – è in Capricorno, chiaro segnale di un’educazione rigida e severa, e di scarsa intimità e tenerezza tra i vari componenti.
Con l’esempio che aveva in famiglia, Annamaria non poteva però non avere figli, che possedesse o non possedesse istinto materno. La sua quinta casa, quella della riproduzione, dà poi un altro chiaro segnale di scarsa propensione alla maternità, essendo in Aquario. Il Sole congiunto a Mercurio fa pensare che i figli siano concepiti soprattutto per compiacere il marito. Mercurio, pianeta che indica il rapporto con i figli, è sì congiunto a Venere e suggerisce un atteggiamento amorevole nei loro confronti, ma è anche quadrato a Saturno e Nettuno, cosa che fa pensare che in realtà il rapporto con loro sia tutt’altro che sereno.
Infine, nella prima casa, quella dell’Io, è presente un bellissimo Urano, in aspetto positivo rispetto a Saturno e Marte, chiaro segnale di una forte determinazione e di un’ottima capacità di portare a termine i propri progetti.
In sintesi, nel tema di Annamaria Franzoni, la freddezza è reale, non solo ostentata, ma questo non basta a fare di lei un’assassina, anzi una figlicida.
Vediamo allora quali transiti subiva il giorno dell’omicido la mamma di Cogne. Paradossalmente, gran parte dei passaggi planetari del 30 gennaio 2002 erano per lei positivi.
Il pianeta del suo tema di nascita più stimolato quel giorno era Urano, che riceveva aspetti positivi dal Sole e da Venere e un’opposizione molto larga di Marte: sembra quasi che sia impellente il bisogno di agire. Ma basta questo per trasformare una madre nel carnefice del proprio figlio? Certo che no.
Cosa successe allora? Le cronache riportano che, all’alba, la Franzoni ebbe un attacco di ansia, quello che spinse il marito a telefonare alla Guardia Medica. La dottoressa che venne a visitarla diagnosticò un banale attacco influenzale. Non era così. La Luna in quelle ore transitava sul Sole di Annamaria, il suo punto debole, quadrando Giove e Nettuno. Ossia lei ha vissuto un momento in cui l’emotività era altissima. È stato forse un blackout emotivo a spingerla nel baratro?

La sentenza del Tribunale astrologico
Annamaria Franzoni non possiede istinto materno, anche se ha sempre giurato di essere nata per fare la mamma, è un personaggio, lo ripetiamo, con caratteristiche di freddezza e a tratti arroganza indiscutibili, ma non si può certo condannarla a 16 anni di carcere perché non è simpatica. Servirebbero prove certe e inconfutabili che è stata lei a uccidere Sammy, ma a tutt'oggi queste prove non ci sono. Come non ci sono nemmeno indizi che possano scagionarla pienamente. Qualunque siano comunque le decisioni dei tribunali, Annamaria si porterà dietro probabilmente, per sempre, la nomea di figlicida. Un'eredità davvero pesante come un macigno per gli altri due figli che ha messo al mondo, Davide e Gioele. Ed è a loro che vanno la nostra solidarietà e il nostro affetto.

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