LA ROTTA DI ULISSE

 


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Rosa Bazzi - Dateci pure l’ergastolo ma in una cella per 2

A Erba, 17.000 abitanti, a metà strada tra Como e Lecco - siamo nella Brianza che lavora sodo e accumula fortune - i Castagna sono una delle famiglie più ricche. Carlo, il patriarca, classe 1944, possiede un mobilificio di grande prestigio, arreda le ville dei vip ed è un fervente cattolico. Come sua moglie, Paola Galli, che oltre a occuparsi della famiglia è impegnata assiduamente nel volontariato. Tre figli: Pietro, Giuseppe e la “piccola” di casa, Raffaella, nata nel 1975. Raffa, come viene chiamata dagli amici, è una bella ragazza dagli occhi azzurri e il sorriso luminoso che snobba però i salotti buoni di Erba, non segue la moda e ha molti amici tra i frequentatori dei centri sociali e i giovani artisti squattrinati. I soldi, ripete sempre, non sono la cosa più importante. Dopo il diploma magistrale, si mette a lavorare per i bambini handicappati e in seguito viene assunta, part time, in una casa di riposo per anziani con problemi psichici a Magreglio.
Anche la villona con piscina dei genitori le va stretta, perché alla Raffa del lusso non gliene importa niente. Quando decide di spiccare il volo dal nido dorato, papà Carlo l’aiuta a comperare un appartamento al secondo piano di via Diaz 25, nel centro storico di Erba, in una vecchia casa ristrutturata dove vivono persone semplici, che si limitano a sbarcare dignitosamente il lunario. Come quella coppia che abita al pianoterra, Olindo Romano e Rosa Bazzi. Lui fa il netturbino, lei lavora come colf. Lui è grande, grosso, lei minuta, viso da furetto, piccoli occhi indagatori. Olindo parla poco, Rosa è logorroica. I coniugi Romano hanno un camper, di cui sono orgogliosissimi, che troneggia, nel suo candore immacolato, al centro del cortile. Oltre a usarlo per le vacanze ogni tanto ci dormono, e Rosa ama preparare il caffé nella piccola cucinetta e offrirlo agli altri condomini. Con vicini così, avrà pensato Raffaella Castagna, sarà facile andare d’accordo. Che stupidaggine le differenze sociali, gli steccati messi tra ricchi e poveri per difendere i privilegi dei primi.
E un giorno arriva anche per lei il grande amore. Conosce al mercato di Erba un giovane tunisino, tale Azouz Marzouk, bel ragazzo dall’aria un po’ strafottente, ma questo alle donne piace, che ha lasciato il suo Paese per una vita più eccitante in Italia. La famiglia di Marzouk è gente che sta bene, quindi non è il bisogno che spinge il ragazzo a emigrare. Azouz raggiunge così il fratello maggiore Salem che vive nei dintorni di Erba.
I Castagna capiscono che la “piccola” ha perso la testa per lo straniero, e la cosa non li entusiasma affatto. «Dai, Raffa, non lo vorrai mica sposare, siamo seri, è musulmano, e questo sarebbe il meno perché noi siamo cattolici di larghe vedute. Ma che cosa fa per guadagnarsi la pagnotta? Lui e Salem scorazzano a bordo di potenti auto tra Milano, Erba, Como, c’è odore di spaccio di droga.»
Ma al cuore, come è noto, non si comanda. Il 24 marzo 2003 Raffaella Castagna e Azouz Marzouk si sposano con rito civile, assenti i familiari di lei. La sera delle nozze, festa grande nell’appartamento di via Diaz: musica, risate, piedi che picchiano sul pavimento. Ci sono tutti gli amici tunisini, Raffa è raggiante, mentre danza tra le braccia del suo Azouz, come mostrano le foto di quella memorabile giornata.
Al pianoterra, in casa dei Romano, Rosa Bazzi si rigira nel letto, incapace di prendere sonno. Sempre quel dannato mal di testa, che da quando “quella” è venuta ad abitare sopra di loro, con l’extracomunitario, non ha fatto che peggiorare. Colpa del chiasso che fanno gli sposini, per non parlare dei tanti tipi “strani” che frequentano giorno e notte la loro casa.
«Li senti, ma li senti?» sibila Rosa al marito. Olindo annuisce cupamente. Ma che cosa hanno fatto di male due onesti lavoratori come loro che stanno pagando il mutuo dell’adorato nido odoroso di detersivi e cera a costo di tanti sacrifici? Quella, la figlia dei ricchi, è una sfacciata arrogante, pensano, per non parlare del tunisino che si è portata in casa. Brutta gente, brutta gente. E il rancore nei confronti della coppia Castagna-Marzouk cresce.
Rosa, poi, ha un tarlo segreto che la rode. Lei, di figli, non ne ha potuti avere, e quando il 6 settembre 2004 Raffaella mette al mondo il piccolo Youssef, qualcosa, dentro Rosa, comincia a germogliare e crescere, come una pianta velenosa che intossica le cellule della mente. Raffaella adora il suo maschietto, che come tutti i bambini del mondo ogni tanto piange o urla. I nonni e gli zii Castagna sono pazzi di Youssef. Quel nipotino è riuscito a mitigare risentimenti e riserve nei confronti del parente acquisito Azouz Marzouk. Le porte della villona con piscina si riaprono per accogliere la figlia ribelle e il contestato genero e cognato, che è pur sempre il padre di quell’angioletto. Nonna Paola è felice di aiutare Raffa a crescere Youssef, perché si senta amato e coccolato dal clan materno, visto che gli altri nonni vivono lontani.
«Li senti, ma li senti?» sibila Rosa a denti stretti quando dal piano di sopra arrivano gli strilli e i rumori del piccolo che si conficcano nella sua testa a mo’ di chiodi, peggiorando gli attacchi di emicrania. Naturalmente continua anche il viavai dei rumorosi amici di Aziz e Raffa. Un giorno Rosa affronta la sua giovane vicina, le intima di smettere con quel fracasso, lei un po’ ride, un po’ si arrabbia, un po’ la sfotte. E questo, per la Bazzi, è insostenibile. Come si permette quella viziata figlia di papà che si diverte a fare la finta povera, quando lei, Rosa, ha dovuto sempre arrancare per conquistarsi quel poco che ha?
Rosa Bazzi nasce a Erba il 12 settembre 1963 alle 6.45, terza di tre sorelle. Il padre lavora in un cementificio, la madre è casalinga. Rosa è una bambina che ama poco la scuola, non ha una grande salute, soffre d’asma, è mancina, e gli altri bambini la prendono in giro. «La chiamano la Mancina. L’Isterichina. La Vaga. La Pettegola. La Zanzara. Tutto perché parla sempre, parla troppo, inventa, insinua, istiga. Ma sa anche spalancare gli occhi, stringersi nelle spalle, fare la voce da bambina…» (Pino Corrias, Vicini da morire, Mondadori 2007, pag. 112). Difendersi dagli attacchi, però, questo Rosa lo sa fare molto bene e ha la collera facile. Più una mania: la caccia ossessiva allo sporco e al disordine e una vera passione per le pulizie di casa. È lei che provvede a sistemare in modo perfetto quello che la madre, poco portata per i lavori domestici, trascura. Il rapporto con quest’ultima è del resto pessimo. «È venuta su storta, cattiva come l’aglio, piena di veleno» dirà mamma Bazzi dopo la strage di via Diaz, precisando che da anni non frequenta più la figlia. E papà Bazzi, poco prima di morire, nel maggio 2007, l’accuserà in diretta tivù: «Era cattiva, non voleva bene a nessuno. Quando sono stato male è venuta una sola volta in ospedale…»
Niente corteggiatori nella vita grigia della giovane Rosa. Fino all’incontro con Olindo Romano, nato in provincia di Sondrio il 10 febbraio 1962 alle 17.
Olindo, a differenza di Rosa, ha studiato e preso il diploma di geometra. Dopo il militare, in seguito a una lite furiosa con il padre, lascia la casa natia e si trasferisce prima sul lago di Segrino e poi a Proserpio, piccolo paese del Comasco. E qui conosce Rosa Bazzi, brianzola di Erba, che fa le pulizie all’Ospedale Fatebenefratelli. Sono fatti l’uno per l’altra, il loro sembra proprio il classico incontro del destino. Opposti e complementari, condividono la medesima ostilità nei confronti di un mondo che secondo loro non li capisce e non li apprezza come sarebbe giusto. Si sposano nel 1987. Due anni dopo Olindo, che non riesce a fare il geometra, trova lavoro alla Enocord, ditta per lo smaltimento dei rifiuti, mentre Rosa fa la colf in alcune famiglie di Erba, meritandosi ogni volta i complimenti della padrona di casa per come esegue tutto alla perfezione. Nel 2000 i coniugi Romano comprano un piccolo appartamento al pianoterra di via Diaz 25, scala B. Danno fondo ai loro risparmi, e in quanto al mutuo da pagare nessun sacrificio li spaventa, perché quei 75 metri quadri di abitazione, più i 12 del garage adibito a lavanderia rappresentano il coronamento di un sogno: padroni del loro castello, della fortezza che terrà lontani i “nemici”, vale a dire tutti. Nessuno viene a trovarli nemmeno a Natale, ma la Rosa e l’Olindo sono felici così.
Sono una coppia di ferro con regole ferree. Pranzo alle 13 e 15, cena alle 19 e 30, a letto entro le 10 di sera. Rosa cucina, pulisce, lucida pavimenti e mobili, lava e stira. Olindo fa la spesa al supermercato e ripara quello che si rompe. Olindo si cambia non appena tornato dal lavoro, perché nel santuario domestico è obbligatorio indossare felpa e ciabatte. Il riscaldamento d’inverno è fisso sui 20 gradi, mentre d’estate si chiudono le tende, anche se dentro è fresco, perché il sole danneggerebbe il candido divano.
Sono circa le ore 20 di lunedì 11 dicembre 2006. Uno tsunami di odio assassino sta per abbattersi sugli abitanti dell’appartamento al primo piano, in via Diaz 25. Raffaella, che sta rientrando a casa con la madre Paola e il piccolo Youssef, viene aggredita e massacrata per prima: sei colpi alla testa e dodici pugnalate. A metà corridoio tocca a Paola Castagna: colpita cinque volte alla testa e cinque alla gola. Il bambino viene sgozzato sul divano con due fendenti. Poi le mani del o dei carnefici appiccano il fuoco all’appartamento per cancellare le tracce della strage. Richiamati dal fumo e dalle urla delle vittime accorrono due vicini: Valeria Cherubini, 50 anni, e il marito Mario Frigerio, 65. Lei muore sprangata e accoltellata come le tre vittime precedenti, lui si salva grazie a una malformazione congenita della carotide che impedirà alla lama di reciderla. Passerà settimane in ospedale tra la vita e la morte, e appena in grado di parlare farfuglierà il nome dell’uomo che ha visto infierire su di lui la sera dell’orrore. Il cagnolino dei Frigerio, che ha seguito i padroni sulle scale che portano all’appartamento dei Marzouk, morirà soffocato dal fumo del rogo.
Accorrono vigili del fuoco, forze dell’ordine, gente attonita, sconvolta. I telegiornali strillano la terribile notizia, i quotidiani escono il giorno dopo con titoli a lettere cubitali, e un’ipotesi che si rivelerà prestissimo infondata: è stato lui, Azouz Marzouk, il marito tunisino di Raffaella che nel frattempo ha passato un anno e quattro mesi nel carcere di Como, per spaccio di cocaina, e ne è uscito grazie all’indulto, a uccidere la moglie, il figlioletto, la suocera, i vicini. Errore clamoroso: Azouz è innocente, al momento della strage si trovava in Tunisia dai suoi familiari. A scagionarlo è in prima istanza il suocero Carlo Castagna, che davanti ai corpi straziati dei suoi cari non ha più lagrime ma la forza per mormorare: «Lo perdono, chiunque sia stato, certo che bisogna perdonare, l’odio non ha senso per un cristiano…»
Le indagini dei carabinieri proseguiranno per 28 giorni, imboccando varie direzioni: rapina, faida familiare, vendetta trasversale per uno sgarro fatto da Marzouk a qualche spacciatore di grosso calibro? Rosa Bazzi e Olindo Romano si sono mescolati alla folla che invadeva il cortile quella maledetta sera dell’11 dicembre, al rientro da una cena al McDonald’s di Como. Precisi come sempre, hanno conservato lo scontrino, e lo esibiranno agli inquirenti con l’ espressione compunta di due allievi che presentino la giustificazione per un’assenza al prof. Ma è tutto inutile, il cerchio attorno a loro si stringe sempre più. Fino a lunedì 8 gennaio, ore 13, quando due auto dei carabinieri, entrate nel cortile di via Diaz assediato da decine di telecamere, e centinaia di curiosi, ne usciranno portandosi via Rosa Bazzi, 43 anni, donna delle pulizie a ore, e suo marito, Olindo Romano, 44 anni, spazzino, entrambi incensurati… Confessano la strage dopo un giorno e mezzo di carcere e tre interrogatori: «Sì, è vero, siamo stati noi». La motivano: «Disturbavano, non ci facevano dormire». La rivendicano: «Se lo meritavano, abbiamo fatto pulizia». Si giustificano: «Siamo diventati assassini per colpa loro» (op. cit. pag. 6).
A fine gennaio 2008 presso il Tribunale di Como inizia il processo di primo grado per la strage di Erba che si chiuderà con la condanna all’ergastolo per entrambi. Chiusi nella gabbia degli imputati Rosa e Olindo si scambiano tenerezze, parlottano sottovoce, mano nella mano. Lui è dimagrito parecchio, a lei si sono ingrigiti i capelli. Ma sono sempre loro, la Rosa e l’Olindo, coalizzati contro tutto e tutti, saldati come una sola mente e una sola anima da quella che gli psicologi chiamano folie à deux. «Ma le brioches all’Olindo gliele avete date?» chiede lei durante il tragitto carcere-Tribunale. E lui, di rimando: «Non mi importa di stare in galera se posso star con mia moglie nella stessa cella…» Dettaglio da brividi: il primo giorno di permanenza in carcere Rosa Bazzi si è offerta di lavare e stirare la roba delle altre detenute: la pulizia, prima di tutto.

giuliana.giani@fastwebnet.it


Al di là dell’efferatezza della strage di Erba, quello che più ha colpito quanti hanno assistito al processo è l’amore innegabile, palpabilissimo, tra la piccola Rosa Bazzi e il suo gigante “buono”, Olindo Romano. Pare che in uno dei primi incontri in tribunale dopo l’incarcerazione lei gli abbia sussurrato: «Ciao, gran figo!» Come non capire allora lo sguardo perso d’amore del marito di fronte all’ape regina del suo focolare? Se i giornali affermano che a dominare all’interno della coppia è la moglie, l’astrologia non può che confermare, rafforzando l’ipotesi. Analizzando i loro temi natali, si scopre che Rosa è un caterpillar, Olindo una persona insicura e tormentata che ha trovato nella compagna la madre-moglie-sovrana che andava cercando. Questo però accade in milioni di coppie dove uno dei due domina e l’altro asseconda – ben lieto di assecondare – e non importa se a dirigere le danze sia il maschio oppure la femmina della specie. Appurato che in questo caso era Rosa a dirigere il ménage, soffermiamoci brevemente su Olindo prima di addentrarci nella personalità di sua moglie. Aquario ascendente Leone, Olindo Romano presenta nel suo tema natale forti conflitti e angosce interiori. È stato fortunato nel matrimonio, come vuole la congiunzione del Sole a Venere e Giove nella settima casa, quella delle unioni stabili, ma ha forti complessi di inferiorità, come indicano i suoi pianeti lesi, Saturno, Marte e Mercurio, in sesta casa. Cerca una donna solida e dominante (Luna in Toro in decima casa) che lo tuteli dalle sue fragilità interiori (la Luna si oppone a Nettuno, creando angosce e insicurezze). Sembra quasi che, con una carta del cielo come la sua, Olindo si aggrappi a Rosa e alle certezze di un lavoro modesto e routinario per non precipitare nei propri abissi interiori. Forse però le sue fragilità gli pesavano tanto e dentro di sé aspettava un’occasione di riscatto per dimostrare, a se stesso e alla moglie, di valere.
Rosa, invece, non ha bisogno di dimostrare niente a nessuno. Lei è sicura, sicurissima di sé, come indica la congiunzione di Venere, Urano e Plutone al Sole. Fa un lavoro umile, è vero, ma lo ha scelto lei e lo gestisce come le pare: la sua dodicesima casa piena di pianeti non sopporta le regole, se non quelle dettate dal proprio Io. Ha avuto un matrimonio fortunato che ha fatto crescere ancora di più – se mai ce ne fosse stato bisogno – la sua autostima, come indica il Giove in settima casa. C’è un unico neo nella sua vita: quei figli che non riesce ad avere, come indicano il Mercurio isolato, la Luna in decima casa, il Saturno parzialmente leso in quinta. Purtroppo la Luna in Cancro di Rosa i figli li vorrebbe, eccome. E forse lei somatizza la sua mancata maternità in feroci mal di testa. Emicranie che aumentano a dismisura quando Raffaella Castagna, la figlia dei ricchi, sposata a un tunisino spacciatore, viene ad abitare proprio sopra la sua testa e, di lì a poco, le scodella pure in faccia un figlio, quello che lei non riesce ad avere. E la testa di Rosa pulsa, pulsa, pulsa sempre di più e il sangue che mal affluisce alle altre parti del corpo contribuisce a renderla di cattivo, anzi di pessimo umore. Intendiamoci, Rosa e suo marito avranno avuto anche le loro ragioni per essere arrabbiati con i Marzuk: certi vicini di casa possono portare all’esasperazione, inutile negarlo. Ma quanti passano dall’odio alla strage? E perché infierire su una creatura innocente come il piccolo Youssef? Una spiegazione c’è, ed è racchiusa nelle frustrazioni dei coniugi Romano. Se Rosa ha scelto di fare la colf quasi certamente per vocazione, Olindo – che ha studiato – si sente umiliato per essere costretto a lavorare come operatore ecologico, come si dice adesso, usando il politically correct. Un tempo, più brutalmente, si chiamava spazzino. Se a Olindo forse non importa più di tanto avere figli (è un Aquario, e agli Aquari di solito interessa poco procreare) e ha la sua Rosa che gli dona tutto l’affetto di cui ha bisogno, lei vive invece come una ferita insanabile l’assenza di un bambino suo. Entrambi poi, la Rosa e l’Olindo, non sopportano il disordine e l’ingiustizia, e ai loro occhi la coppia Marzouk-Castagna incarna al massimo grado le cose che più odiano. Sia Rosa sia Olindo sono inoltre perfetti programmatori delle loro esistenze e non lasciano nulla al caso. La strage di Erba viene pianificata nei minimi dettagli, come pure la rimozione di ogni più piccolo indizio a loro carico e la creazione di un alibi che dovrebbe allontanare i sospetti degli inquirenti. Ma… C’è sempre un ma, perché la vita procede come deve procedere, e non puoi prevedere che una coppia di vicini, i Frigerio, si ritroverà involontaria testimone della mattanza. Certo, puoi eliminare anche loro con tutto l’odio che hai in corpo, ma non puoi sapere che il vicino ha una malformazione congenita alla carotide e, proprio per questo, sopravviverà ai tuoi micidiali colpi di lama. Se analizziamo i transiti planetari che interessano Rosa e Olindo l’11 dicembre 2006, il giorno della strage, quelli del marito fanno pensare a un momento di folle, brutale liberazione interiore. Mercurio, Marte e Giove a inizi Sagittario stimolano infatti in positivo i suoi pianeti in sesta, sbloccando con folle ottimismo i suoi complessi di inferiorità. La moglie aveva invece brutti transiti: Urano le si opponeva al Sole e i pianeti in Sagittario disturbavano i suoi pianeti in Vergine provocando forse qualche irreparabile distrazione. È stata probabilmente Rosa a commettere quei microscopici errori che hanno consentito agli inquirenti di incastrare la coppia. Forse per eccesso di fiducia nei propri mezzi, lei non ha controllato che Marco Frigerio fosse davvero morto. I coniugi Romano si ripuliscono a tempo di record, si liberano degli abiti lordi di sangue, corrono al Mc Donald’s per procurarsi uno scontrino e un alibi. Ma non potevano sapere di quella carotide fuori posto…

 

La sentenza del Tribunale astrologico

Olindo Romano è un uomo tormentato che, per sopravvivere, si aggrappa alla moglie. Forse non è folle, ma ha una grossa fragilità interiore. Rosa Bazzi è invece una donna che aveva trovato tutto quello che desiderava, con l’eccezione frustrante e dolorosa della mancanza di un figlio, ma né il suo tema natale né i transiti che subiva al momento della strage parlano di follia, anzi. Come già detto, i due avranno avuto anche le loro ragioni per lamentarsi di quei vicini turbolenti, ma non esiste che per questo si arrivi a uccidere, per di più in modo così efferato, senza un barlume di pietà per un innocente bimbetto di due anni. La giustizia fai da te non è ammessa in nessun luogo del mondo, soprattutto se esercitata con arbitrio e sprezzo della vita altrui. Forse ci saranno gradi di giudizio successivi a quello emesso dal tribunale di Como che li condanna all’ergastolo. Difficilmente però la sentenza potrà venir ribaltata, date le prove schiaccianti a carico dei due. Ma una condanna forse ancora maggiore verrà loro inflitta, perché nessun giudice potrebbe mai esaudire il folle desiderio della diabolica coppia di avere una cella matrimoniale… L’amore sconfinato di Rosa per Olindo e di Olindo per Rosa finirebbe così per trovare un confine invalicabile nelle sbarre di due celle singole lontane una dall’altra. Ed è solo questo amore spezzato, a parere nostro, l’unico elemento che meriti, da parte dell’opinione pubblica, un barlume di comprensione…



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