LA ROTTA DI ULISSE

 


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Adolescenza bruciata

Novi Ligure, sera di mercoledì 21 febbraio 2001. Susy Cassini, 45 anni, moglie dell’ingegner Francesco De Nardo, alto dirigente presso un’industria dolciaria, rientra nella villetta a schiera dove abita con il marito e i due figli, Erika, 16 anni e Gianluca, 11, per preparare la cena. Con lei c’è il figlio minore che la mamma è passata a prelevare da un’amica dopo essere stata in palestra. L’ingegner De Nardo è invece impegnato fuori in una partita di calcetto, il suo svago preferito alla fine di un’impegnativa giornata lavorativa.
Erika è già rientrata in casa, alle 19.30, per apparecchiare la tavola, come le ha chiesto la madre. Ma non è sola. Con lei c’è Omar, vero nome Mauro, di cognome Favaro, il fidanzatino diciassettenne. I due adolescenti sono armati di coltelli.
Susy Cassini fa appena in tempo a togliersi il cappotto, rimanendo in maglietta, golf e pantaloni da ginnastica, quando viene aggredita. Lasciamo la parola a Luciano Garofano, capo del Ris di Parma, per descrivere, riassumendo, la dinamica del duplice omicidio: «Nel caso che ora abbiamo davanti, come in tanti altri, c’è stata all’inizio una falsa pista “albanese” da seguire, pista aperta dalle dichiarazioni e dalle messinscene di Erika. Ma dopo poche ore, grazie anche ai colloqui tra i due indagati segretamente registrati nella caserma dei carabinieri di Novi Ligure, la pista albanese viene abbandonata e dal 22 febbraio, giorno successivo al delitto, gli inquirenti puntano decisamente sull’accertamento delle responsabilità di Erika e Omar nella vicenda... Molto probabilmente (Susy) viene colpita di sorpresa, la prima volta, nel disimpegno che immette in cucina... La vittima, fuggendo, si sposta in cucina, dove inizia il massacro. Gianluca sente le grida e i lamenti della madre e ridiscende le scale fino al soggiorno; presumibilmente viene affrontato da Erika, che abbandona la madre in cucina nelle mani di Omar... Il ragazzo viene condotto dapprima in bagno, quindi nella camera della sorella dove viene ripetutamente colpito, e di nuovo in bagno, dove verrà finito... Gianluca reagisce con coraggio, si difende come può, si appoggia e schiva, lasciando vistose impronte delle mani insanguinate e dei capelli. Ma Erika, aiutata dal complice accorso a darle man forte, sta per prevalere; e per spegnere le sempre più deboli energie del fratello, tenterà anche di affogarlo nella vasca, che riempie d’acqua» (Luciano Garofano, Delitti imperfetti, Marco Tropea Editore 2004, pag. 127 e pagg. 130-131). Sul corpo di Susy Cassini saranno contate circa sessanta coltellate, e altrettante su quelle del ragazzino.
Ma perché un orrore così? La famiglia De Nardo è, apparentemente, come tante altre: un padre, una madre, due figli belli e sani. Tenore di vita medio-alto. Susy è una mamma giovane, dinamica, elegante, ma anche molto esigente per quanto riguarda l’educazione dei figli. Gianluca, il minore, non dà problemi: è vivace, ma affettuoso e obbediente, gioca al pallone e fa anche il chierichetto, cosa normale in una famiglia dalla forte fede religiosa. Quella fede, per inciso, che aiuterà l’ingegner De Nardo a non crollare dopo il massacro, a sostenere la figlia assassina, sempre e comunque, dopo avere rivolto agli amici più cari questo angosciante interrogativo: ma in che cosa ho sbagliato? Certo, lui a casa ci stava meno, occupato dal lavoro, come quasi tutti i padri del mondo, comunque il rapporto di Erika con il papà è, a detta di tutti quelli che la conoscono, almeno all’apparenza, buono, e della sua famiglia lei scriverà, in un tema in classe, poco prima del tragico fatto di sangue, che è «magica e immensa».
Più difficile il rapporto con la madre. Sarah Ferretti, figlia di una ex insegnante di Erika e di Gianluca, una testimone ritenuta dai giudici del tutto attendibile, dichiarerà al processo: «Il rapporto di Erika con la madre era sistematicamente e gravemente conflittuale, ben al di là della “dialettica fisiologica” fra una madre e una figlia adolescente. L’animosità era reciproca e, anzi, sembrava che, spesso, fosse la madre a “cercare lo scontro”e a esasperarne i toni... » (op. cit. pag. 146). Altre testimonianze parlano di frequenti litigi tra madre e figlia, di qualche sberla che vola ogni tanto, descrivono una Erika esasperata che minaccia di andarsene di casa al raggiungimento della maggiore età. Va aggiunto che all’apparenza Erika si adatta alle regole severe imposte da mamma: mai un ritardo, mai un’uscita serale. Ma durante la giornata può stare con il suo Omar, nella stanza di lui, «dove» come ha scritto il criminologo Massimo Picozzi, perito della difesa, «all’insaputa di tutti, sperimentavano l’uso di droghe oltre a una sessualità violenta».
Insomma, motivi di tensione ce n’erano. A entrambi i genitori, per esempio, non piaceva il rapporto molto intenso della figlia con Omar, studente dell’Istituto tecnico e maggiore di un anno, sul cui conto correvano voci poco lusinghiere, dall’uso di spinelli e cocaina alla frequentazione di compagnie “non proprio brillanti”, come dirà il padre di Erika ai magistrati. Il ragazzo inoltre è figlio di un barista, quindi appartenente a una categoria sociale inferiore a quella dei De Nardo. Ci sono da aggiungere i problemi scolastici della ragazza, che abbandona a un certo punto il liceo scientifico, dopo la bocciatura, e si iscrive all’Istituto San Giorgio di Novi Ligure per studiare da geometra. Ecco un passaggio della sentenza dove il giudice scrive: «La madre, a parte qualche cedimento con gli intimi, cercava di “salvare” Erika, sia in termini concreti (dalla droga ecc.) che in termini di immagine; entrambi i genitori erano attentissimi al “profilo scolastico” (come se fosse solo lì il problema...), preoccupandosi del passaggio di Erika dalla scuola pubblica al collegio San Giorgio e curando puntigliosamentei rapporti con i nuovi insegnanti (adombrandosi se veniva riferito, quanto al comportamento di Erika, qualcosa che aveva colpito negativamente i docenti) »(op. cit. pag. 148). Si è parlato anche, nel corso del processo, di una forte gelosia di Erika nei confronti del fratello minore, amato da tutti per il suo carattere solare. Ma basta, questo, a scatenare la furia omicida di una ragazza dal viso d’angelo, che tutti descrivono come intelligente anche se ribelle, e chi non lo è almeno un poco alla sua età? Colpirà profondamente l’opinione pubblica la lucida freddezza con cui Erika terrà testa per ore agli inquirenti, subito dopo la mattanza, insistendo sulla versione dei banditi “albanesi” entrati in casa, del disperato tentativo di sua madre Susy, già colpita e sanguinante, secondo la versione suddetta, che urla alla figlia “scappa, mettiti in salvo”, e lei che, a suo dire, prima di riuscire a scappare tira in testa a uno dei due malviventi una bottiglia.
Tutto falso. Un castello di carte bugiarde che crollerà, come crollerà il “grande amore” con Omar. Ci sarà un tiramolla di accuse reciproche fra i due ragazzi, fino alla sentenza di primo grado, poi confermata in Appello, che dichiara colpevoli entrambi. Erika, secondo i periti, soffre di “disturbo narcisistico della personalità, Omar di lieve “disturbo di personalità dipendente”. «Erika è cresciuta con un padre “complessivamente distante” e con una madre apparentemente forte ma, in realtà, depressa, al punto da risultare “estranea”, emotivamente, per la figlia» (op. cit. pag. 145).
I disturbi della personalità riscontrati nei due giovani imputati dalle perizie psichiatriche, secondo i magistrati non hanno però inciso sulla loro capacità di intendere e di volere al momento del duplice omicidio. Ma il Tribunale ne terrà conto, e concederà a entrambi le attenuanti generiche, condannando lei a 16 anni di reclusione, lui a 14.
Omar Favaro viene rinchiuso nel carcere minorile Ferrante Aporti di Torino, Erika De Nardo al Beccaria di Milano. Al compimento dei 21 anni, nell’aprile 2005, la ragazza è stata trasferita nel carcere di Verziano (Brescia). In un’intervista fatta alla giovane detenuta, due giorni dopo il suo arrivo a Brescia, Erika dice, tra le altre cose, che sogna una vita normale, e che una volta libera vorrebbe una casa, magari una famiglia. Poi, prima di lasciare la stanza dell’intervista, a tempo scaduto, la sua sfida al futuro: «Voglio ritornare a vivere. Ce la farò, vedrete».
Il 7 maggio 2006 la Cassazione respinge la richiesta di trasferimento della ragazza in una comunità per ricevere le cure psicologiche di cui, secondo la difesa, ha bisogno. Nel gennaio dello stesso anno il legale di Erika De Nardo, l’avvocato Mario Boccassi, commentando la dichiarazione del criminologo, nonché suo consulente Massimo Picozzi, secondo il quale «Erika è ancora un guscio vuoto, come quando ha ucciso e quando uscirà dal carcere non sarà cambiato nulla» aveva lamentato che nel carcere di Brescia la sua assistita non riceveva più un’assistenza psicologica adeguata.
Di segni di pentimento, fino al momento in cui scriviamo, nemmeno l’’ombra. Erika, dopo avere sostenuto l’esame di maturità per geometra al Beccaria di Milano si è iscritta all’Università e partecipa alle varie attività interne della casa di reclusione. Il padre va a trovarla regolarmente, e a farle visita arrivano spesso anche gli zii e la nonna materna. Omar Favaro, l’ex fidanzatino ora ventitreenne, è invece attuamente detenuto nel carcere di Asti. Studia anche lui e partecipa a varie attività, tra cui quelle sportive e di giardinaggio. Per inciso anche Omar, come Erika, è nato sotto il segno del Toro.

Giuliana Giani
giuliana.giani@fastwebnet.it


L’adolescenza è un periodo della vita spesso difficile e confuso. Il corpo cambia, le prime pulsioni sessuali sono difficili da controllare, l’infanzia si allontana mentre non si è ancora sviluppata una maturità sufficiente per tenere a freno gli impulsi peggiori, come pure sono complessi – a volte purtroppo terrificanti – i rapporti con i genitori.
E questo accade soprattutto a chi, come Erika De Nardo, ha un tema natale pieno di tensioni e contraddizioni, anche se è nata sotto uno dei segni più paciosi, il Toro, e ha un ascendente di norma tra i più ottimisti e bonari, il Sagittario. Se ci limitassimo a un’analisi superficiale di questi due elementi astrologici di certo non capiremmo le motivazioni della strage così feroce compiuta da Erika e dal suo fidanzatino succube, Omar.
Eppure quando gli inquirenti e gli psicologi incaricati di esaminare il caso riuscirono a far scucire ai due ragazzi qualche dichiarazione sulle motivazioni vere sottese al delitto si sentirono dire tra le altre cose che, i due ragazzi dalla faccia d’angelo, volevano eliminare l’intera famiglia di lei per godersi in santa pace la vita, come vuole il Toro – segno di entrambi i baby-killer – tuffandosi poi nel mondo dell’avventura, come inclina a fare il Sagittario. Toro e Sagittario sono però due segni acritici e ingenui, soprattutto in età giovanile, quella di Erika e Omar al momento della strage. Tanto ingenui da farsi scoprire dopo poche ore. L’accusa a un’inesistente banda di albanesi cadde infatti dopo poche ore: il Toro le bugie proprio non le sa raccontare.
Ormai è appurato anche dai riscontri giudiziari che la regia dell’intera strage va attribuita a Erika, ed è sul suo tema natale che bisogna concentrarsi per capire le autentiche motivazioni di quella insensata carneficina. Iniziando ad analizzare Sole e Luna, che in un oroscopo indicano il rapporto con il padre e la madre.
Il Sole di Erika è in Toro, al trigono di Giove in Capricorno ma pesantemente ostacolato da Plutone e Saturno in Scorpione, il segno più crudele, vendicativo e che tende a occultare le autentiche motivazioni del proprio comportamento. Per la ragazza quindi l’ingegner Francesco è stato un genitore bonario e generoso, anche economicamente (Giove in trigono al Sole), ma al tempo stesso assente e incapace di esercitare autorità nei confronti della figlia (l’opposizione di Saturno) e dilaniato da oscure insoddisfazioni, almeno agli occhi di Erika (l’opposizione di Plutone in Scorpione).
Una figura confusa e tormentata – per come la percepiva la figlia – che può essere di sostegno economico ma con la quale non si riesce a parlare, a condividere ansie, sogni, desideri
E veniamo alla Luna - la madre - che è in Ariete e quarta casa, in trigono a Urano, ma anche quadrata a Giove. Ossia una madre impulsiva, attiva, competitiva, che vuole essere al centro della vita della casa familiare (la Luna in quarta) e che ha anche la cattiva abitudine di stringere i cordoni della borsa nei confronti di questa figlia che vorrebbe godersi la vita. Attenzione, però, è una madre che non insegna principi morali ai figli, o almeno alla figlia femmina, con cui effettivamente ha un rapporto conflittuale, come spesso accade fra madre e figlia per inconsci problemi di supremazia femminile. Soprattutto a quelle che hanno la Luna in Ariete, che tendono spesso a vedere nelle altre donne potenziali nemiche, anche se la donna ha il tuo stesso sangue. Ma è inutile aggiungere particolari su un argomento sul quale Freud e i suoi seguaci hanno versato fiumi di inchiosto. Basti dire che troppe volte la madre rappresenta una rivale per la figlia nel contesto della vita familiare, e la figlia lo è altrettanto per la madre.
Certo questo problema compare in milioni di famiglie e si risolve appena la figlia o il figlio raggiunge la maturità e si allontana da casa. Ma Erika aveva fretta, di vivere, di amare, di eliminare per sempre quella famiglia ingombrante, come indicano con chiarezza Venere, Mercurio e il Sole in quinta casa, quella che governa gli eccessi, il sesso, il volersi godere la vita senza mezzi termini. Per vivere come le pare Erika deve quindi eliminare tutti, papà compreso, cosa emersa da uno degli interrogatori dei due giovani assassini.
Non si tratta solo di ingenuo, irragionevole edonismo spinto agli eccessi, come ad esempio nel caso di Pietro Maso.
E, anche se il padre è scampato al massacro, ha perdonato la figlia e cerca di esserle accanto il più possibile, resta il fatto che per Erika c’era qualcosa che non andava all’interno del nucleo familiare.
Non intendiamo parlare di violenza fisica o morale, né attribuire alla famiglia De Nardo più colpe di quelle che eventualmente ha avuto, né assolvere Erika. Ma, pensando alle 60 coltellate inferte alla madre e alla ferocia con cui lei e Omar hanno finito il fratellino Gianluca, all’interno della villetta a schiera di Novi Ligure c’era anche un rancore violento, che poteva portare un’adolescente tormentata a esplodere come una bomba a orologeria.
Erika aveva dentro una sorta di diavolo in corpo, per dirla con il bel titolo del romanzo di Radiguet. Un odio senza nome unito a una cocciuta, violenta irragionevolezza dovuta anche alla difficoltà di raggiungere un equilibrio interiore, come testimoniano Plutone e Saturno in Scorpione solo lesi in undicesima casa. Che indicano anche la tendenza a occultare i sentimenti più negativi – quelli che ciascuno di noi ha in sé – a non accettarli, a viverli male, tendenza ribadita dalla Luna in Ariete della ragazza, Luna che tende a nascondere agli occhi degli altri, e a volte anche ai propri, le autentiche motivazioni dei personali comportamenti.
Secondo gli psicologi che seguono tutt’ora Erika, la ragazza non ha ancora preso effettiva coscienza dei delitti commessi.
Insomma, in Erika c’era una situazione emotiva esplosiva, una tensione accentuata anche dal Marte in Scorpione e dodicesima casa del suo oroscopo, pianeta che può dare qualche tendenza sadica a chi lo possiede, uomo, donna o ragazza essa sia. L’accanimento sanguinario nei confronti della sfortuntata madre e dell’incolpevole fratellino ne sono la prova schiacciante.
Ma che cosa è accaduto al momento della strage e perché Erika – spalleggiata dal fidanzatino – è arrivata a tanto?
I transiti planetari del 21 febbraio 2001 danno una risposta chiarissima. Plutone stava transitando nella prima casa di Erika, stimolando la voglia di essere protagonista della propria vita, ma con la maniera ingenua e irragionevole propria di molti teen-ager. La ragazzina aveva quindi voglia di crescere ma il periodo che stava attraversando era tutt’altro che che felice. Nettuno in Aquario infatti le quadrava il Sole in Toro e quinta casa, creando angosce esistenziali che forse Erika tentava di risolvere rifugiandosi nel sesso e nella droga. Il Toro di norma non ama affatto la droga, ma il sesso sì, eccome, e Omar, il ragazzo che si era scelto era anche lui del Toro. Il sesso però va maneggiato con cura perché può creare esaltazione e spasmodica ricerca di piaceri sempre più intensi, che possono essere pericolose, se non si ha la maturità sufficiente per gestirli. Quanto alla droga, crea terribili problemi agli adulti, figuriamoci a due ragazzi dalla personalità incerta e confusa.
Saturno di transito in Toro era inoltre perfettamente opposto al Marte di nascita di Erika, creando in lei una totale insofferenza nei confronti di qualsiasi regola, anche la più elementare, vissuta come insopportabile freno alla propria libertà, mentre Urano quadrava il Marte stesso. Mercurio e la Luna di transito in Aquario quadravano a loro volta il Saturno natale della ragazza, rendendola anche più irragionevole, ancora più fissata con l'ossessione di eliminare quel problema enorme che era per lei la famiglia.
Analizzando rapidamente i transiti del suo giovanissimo amante-complice, Omar – Toro ascendente Scorpione – vediamo che Saturno stava transitando sul suo Sole, mentre Urano quadrava il Sole stesso. Ossia anche Omar voleva diventare grande, ma ha fatto scelte sbagliate, irragionevoli, folli.
Siamo così costretti a tornare a Erika, al suo faccino da adolescente spensierata e incosciente, che vuole solo godersi la vita. Cancellando per sempre dalla faccia della Terra e dalla sua vita quanti le procuravano dolore o fastidio: la mamma, il fratellino, forse anche il papà.
Non è riuscita però a godersi la vita come vorrebbe il Toro: è, sì, sfuggita a quella prigione che per lei era la famiglia natale, ma per ritrovarsi dietro alle sbarre di un carcere vero.

La sentenza del tribunale astrologico
Nel giudicare Erika De Nardo non si può non tenere conto dei sedici anni che aveva al momento della strage. Va però rilevato – come hanno fatto i giudici e gli psicologi che hanno seguito il suo caso – che la ragazza ha una personalità per molti versi estrema, esplosiva, tormentata. Al momento del delitto stava attraversando una fase delicatissima e insidiosa, che per sua fortuna non si ripeterà mai più nel corso della sua vita. Non c’è però in lei traccia di follia, quanto piuttosto una incapacità a distinguere spontaneamente quello che è bene e quello che è male. La giustizia umana ha già dato il suo verdetto, dal nostro punto di vista equo, data la totale immaturità di Erika al momento dei tragici fatti. L’astrologo può solo aggiungere che, anche con il passare degli anni, Erika difficilmente riuscirà a vivere con serenità certi lati del suo carattere, quelli che – spinti all’eccesso – hanno portato alla ribalta della cronaca, la sera del 21 febbraio 2001, la famiglia De Nardo di Novi Ligure. Una famiglia come tante…
Massimo Michelini

Questo articolo è già stato publlicato sul numero 3 di M-Rivista del mistero nel marzo 2007.



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